Europa concessione USA

Oltre le informazioni che viaggiano in modo unidirezionale – sembra essere l’ennesima applicazione del Decalogo Chomsky – ve
ne sono delle altre che passano inaudite al grande pubblico.
Una di queste ci riguarda molto da vicino.
Gli Stati Uniti stanno letteralmente invadendo l’Europa, nello specifico la zona Baltica, con trentasettemila soldati e ventimila
pezzi di armamenti di ogni genere; i militari americani, liberi da ogni precauzione ordinaria e speciale contro la diffusione del
COVID-19, non rinunceranno a far esibire le loro rock band: una pratica solita per il ricco esercito d’oltreoceano che, volendo
familiarizzare con la popolazione locale, mette in campo la formula del panem et circenses con i “colonizzati” europei.
L’esercitazione, già avviata con il trasporto delle truppe dal 5 marzo, terminerà a maggio sebbene le truppe si ritireranno
definitivamente dal territorio polacco, lettone, estone e lituano al termine del mese di luglio. Si tratta della più grande
mobilitazione militare dal 1995, il cui nome “Defender Europe 2020”, quasi a voler nasconde le intenzioni statunitensi, e
culminerà con la sperimentazione di equipaggiamenti di ultima generazione. Parallelamente all’esercitazione lungo il confine
russo, avverranno test sulla capacità delle infrastrutture di reggere il peso dei convogli militari, come accennato dal Segretario
generale NATO Jens Stoltenberg al termine dell’ultimo summit a Zagabria.
Le ultime dimostrazioni di forza della Casa bianca al Cremlino ‹‹(…) saranno prese in considerazione nei nostri piani militari.››,
ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, facendo intuire un ulteriore inasprimento dei rapporti tra i due paesi.
La NATO ha formalmente dichiarato che l’esercitazione servirà per ‹‹(…) accrescere la capacità di dispiegare rapidamente una
grande forza di combattimento dagli Stati Uniti in Europa (…)›› contro un ‹‹(…) potenziale nemico.››.
Ma di quale Paese o coalizione si parlerebbe?
La Cina, in ginocchio dopo il tracollo economico causato dall’emergenza COVID-19, mostra deboli segnali di ripresa. Il regime
cinese va in soccorso della Corea del Sud, donando centomila mascherine N95, un milione di mascherine chirurgiche, diecimila
abiti protettivi per i medici e cinquantamila strumentazioni per effettuare la verifica dei tamponi e dell’Iran mandando medici
della Croce rossa cinese.
La Russia, dopo il crollo di martedì della Borsa di Mosca, si prepara all’aumento dell’inflazione. Tutto ciò è accaduto
successivamente al “Black Monday”, quando i prezzi del petrolio sono crollati di quasi il 30% registrando il più brusco calo, in
un giorno, dall’inizio della prima guerra del Golfo nel 1991. Il ribasso del petrolio si è verificato in seguito ad un mancato
accordo tra Rihad e Mosca; l’Arabia Saudita chiedeva la vendita del petrolio a prezzi più alti o, mantenendo gli attuali livelli,
tagli netti nei processi e nelle tassazioni; la Russia, in netto disaccordo con i sauditi, era pronta alla vendita del petrolio allo
stesso prezzo o prezzo di poco inferiore: le azioni unilaterali dei petrolieri sauditi hanno portato alla rottura dell’accordo
internazionale tra i paesi produttori di petrolio, l’OPEC. Alcuni analisti sostengono che l’azione di Rihad sia stata in parte
condotta dagli Stati Uniti poiché la Russia sta cercando di contrastare le sanzioni statunitensi che sono intervenute contro il
completamento del progetto russo “Nord Stream 2”; questo progetto permette alla Russia di vendere il proprio gas naturale e
petrolio, settore che occupa un terzo dell’economia russa, per mezzo di un gasdotto intraeuropeo: ciò porterebbe la Russia ad
essere uno dei maggiori operatori energetici mondiali. In risposta a questa ipotesi, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti,
o DOE, ha affermato pubblicamente che la potenza americana avrebbe preso tutte le misure necessarie per mantenere la
posizione di leader nella vendita e produzione di energia.
La risposta alla domanda precedente sembra essere la seguente: non ci sono al momento Paesi capaci di essere un’altera pars
o un ‹‹(…) potenziale nemico.›› in grado di contenere o perlomeno limitare l’ininterrotta egemonia del dollaro; dal termine
della Guerra fredda gli Stati Uniti si espandono incontrastati, esportando i propri modelli, le proprie idee ed i propri valori e
sostituendoli a quelli più radicati rendendo l’Europa, ad esempio, una colonia de facto.

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